Di chi è il mare? Archeologia e diritto

Archeologia Viva n. 45 – maggio/giugno 1994
p. 75

di Stefano Benini

La legge non distingue fra reperti subacquei e di terraferma ma ci sono le acque internazionali…
La singolare sentenza che fece giustizia del Melqart di Sciacca

Nello scorso numero (AV n. 44) abbiamo osservato le condizioni cui è subordinato il possesso privato di reperti archeologici. Il principio fondamentale, affermato dalla legge 1089 del 1939 e dall’art. 826 del codice civile, resta però quello dell’appartenenza allo Stato delle cose d’interesse archeologico «da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo». Il principio va esteso ai ritrovamenti compiuti sotto il mare e nei corsi d’acqua interni.
Il codice della navigazione, trattando dei «relitti», dispone (art. 511) che gli oggetti d’interesse artistico, storico, archeologico, sono devoluti allo Stato, salvo il premio per il ritrovatore.

La norma va coordinata con i principi di diritto internazionale, per stabilire fin dove si estenda, in senso geografico, il diritto dello Stato. Ma, come si sa, essendo il diritto internazionale costituito da convenzioni tra gli Stati, e dalla consuetudine, non è possibile enunciare delle regole certe e universalmente valide. […]