Autopsia di una mummia Scienze per l'archeologia

Archeologia Viva n. 44 – marzo/aprile 1994
pp. 70-74

di Gino Fornaciari, Antonio G. Naccarato e Francesco Mallegni

Nel corpo imbalsamato del sarcofago egiziano di Narni si è potuta verificare la presenza del parassita che determinò la morte di una giovane donna

La mummia egizia conservata nel municipio di Narni, datata al periodo tardo Tolemaico (I sec. a.C.), costituisce un tipico esempio di mummia artificiale ottenuta secondo le classiche tecniche di imbalsamazione. Risulta eviscerata, in maniera parziale e alquanto trascurata, attraverso una incisione della parete addominale, della lunghezza di 8 centimetri, praticata nella regione del fianco sinistro.
La tecnica di imbalsamazione è mista, poiché consiste nella eviscerazione, cioè nell’asportazione degli organi, e nella successiva rideposizione degli stessi, avvolti in pacchi di bende, nella cavità da cui erano stati rimossi. È inoltre riconoscibile il caratteristico accesso per via nasale alla fossa cranica anteriore, ottenuto attraverso lo sfondamento dell’etmoide (un osso posto al centro del massiccio facciale, posteriormente alle fosse nasali, che separa la cavità cranica dalle orbite) allo scopo di asportare l’encefalo.

L’imbalsamazione del corpo mummificato di Narni risulta caratterizzata da: presenza di resine radio-opache nella fossa cranica posteriore denotanti il decubito supino del corpo; addome molto stipato di materiale di imbalsamazione nelle regioni prossime all’incisione; torace meno stipato di materiali di imbalsamazione; pacchi di bende, privi di organi, tra i femori; disarticolazione, fra la seconda e la terza vertebra cervicale, provocata dagli imbalsamatori. Si ha quindi l’impressione di una procedura sommaria, alquanto trascurata, di frequente riscontro nelle mummie egizie di età tarda. […]