Deir el-Medina e la tomba dell’artigiano Pashed Egitto antico

La tomba di Pashed egitto

Archeologia Viva n. 175 – gennaio/febbraio 2016
pp. 40-49

di Alessandro Roccati, Donatella Avanzo e Emanuele M. Ciampini

La stupenda sepoltura di Pashed straordinariamente conservatasi sulla sponda occidentale del Nilo a Tebe nella necropoli degli operai delle tombe reali

ci dà l’idea del prestigio professionale e sociale di cui godeva la comunità di tecnici abitanti il villaggio di Deir el-Medina che durante il Nuovo Regno lavorarono per l’eternità dei faraoni e dei loro congiunti

Pashed era un abitante del villaggio. Il “villaggio” – così lo chiamava anche Pashed – non aveva un nome particolare, ma a Tebe tutti lo conoscevano, anche se non tutti ci potevano andare.

Era collocato in fondo a una valletta nelle propaggini dell’altopiano desertico, sulla sponda occidentale del Nilo, in un luogo appartato, un po’ nascosto, dove si poteva vigilare su chi passasse in entrata o in uscita.

Data la posizione, le case erano costruite con muri di pietra a secco intonacati, e solo parzialmente con mattoni crudi.

In Egitto l’uso della pietra era eccezionale per le abitazioni – regali o private che fossero – ché la pietra era riservata ai templi e alle tombe, destinate a durare per sempre.

Anche la lontananza dai campi irrigui ha contribuito a conservare in buone condizioni il tessuto urbano del “villaggio”, il quale dopo appena qualche secolo di occupazione fu abbandonato e intorno al 1000 a.C. per motivi di sicurezza gli ultimi abitanti si trasferirono nella vicina “città” fortificata di Medinet Habu.

Sicché – nonostante furti e intrusioni – esso si è mantenuto in buono stato fino ad oggi: quasi un’altra Pompei di oltre tremila anni fa, ossia più antica di Pompei di oltre mille anni.

L’abbandono definitivo del “villaggio” fu dovuto alla particolare professione dei suoi abitanti, che erano gli operai addetti all’allestimento delle tombe dei faraoni, nella Valle dei Re, e dei loro congiunti, nella Valle delle Regine.

Ogni mattina squadre di scalpellini, disegnatori, pittori raggiungevano, superando piccoli valichi, su percorsi di una ventina di minuti, i loro luoghi di lavoro. Ogni volta che un faraone saliva al trono c’era da lavorare per anni.

Quando il faraone moriva, il visir del successore aveva l’incombenza di venire subito a scegliere il luogo per una nuova tomba.

Lo stesso visir assicurava il salario per mantenere gli operai e le loro famiglie. Nei momenti di maggiore attività, il “villaggio” arrivava a ospitare più di mille persone. […]