Archeologia Viva n. 9 – gennaio/febbraio 1990
di Piero Pruneti
Fa piacere che i premi servano qualche volta. La quarta edizione del Premio “Papò”, svoltasi di recente a Giardini Naxos nell’ambito di una Rassegna Internazionale di Archeologia Subacquea che ogni anno si fa più ricca e qualificata, è certamente servita. Destinatario del riconoscimento – espresso da una prestigiosa giuria di archeologi – è stato Gerhard Kapitan: il “Tedesco” per quell’irriducibile accento che molti anni in Sicilia non hanno minimamente scalfito e non scalfiranno mai, l'”Innominabile” per i tanti che vogliono bene da una vita e contraccambiano la durezza delle sue posizioni dicendo che porta tremendamente male pronunziare il suo nome; addirittura “Rompiballe” quando con testardaggine completa sottolinea l’incoerenza o la malafede di amici e nemici nel pieno disprezzo di tutte le leggi della diplomazia.
Kapitan è un archeologo subacqueo, «elencare i suoi meriti scientifici – si legge nella motivazione del Premio – sarebbe troppo lungo». È stato spesso «un diffusore civico dell’archeologia senza timori reverenziali; alcune sue scoperte sono di assoluto valore storico». Per dare la dimensione del studioso ricordo due articoli che mi passò per alcuni numeri ormai lontani di Archeologia Viva.
Il primo riguardava la ricostruzione di uno strano pezzo rinvenuto ottant’anni fa sul relitto romano di Madia, in Tunisia, per il quale Kapitan avanzava l’ipotesi – suffragata da vasti confronti archeologici e rigorosi calcoli ingegneristici – di un pendolo ad ingranaggio per sollevare l’acqua.
L’altro contributo era un primo risultato delle sue ricerchein Sri Lanka sulla sopravvivenza di certe imbarcazioni preistoriche: una indagine che ancora sta portando l’anziano uomo sulle isole più sperdute degli oceani in una solitaria scorsa contro il nostro tempo che sta rapidamente cancellando tutto. Poche gratificazioni, se si escludono quelle tutte interiori dello studioso, l’archeologia ha portato Kapitan.
Ecco perché il Premio conferitogli a Naxos in memoria di un grande subacqueo scomparso, Franco Papò, che pure era suo amico, è servito eccome…
Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”