Napoli. La città e il Cristianesimo Fra antichità e Medioevo

Archeologia Viva n. 175 – gennaio/febbraio 2016
pp. 28-39

di Alessandro Luciano

Con il propagarsi della nuova religione quella che era stata la grande Neapolis greca e romana si trasforma adattandosi a sopravvivere con onore nella turbolenza della crisi politica ed economica

Crisi che dopo la caduta dell’impero romano si prolunga per tutto il primo millennio della nostra era

Napoli offre un contesto di studio privilegiato per seguire l’evoluzione di un insediamento romano in epoca post-classica. Le ricerche condotte nelle catacombe e nell’Insula episcopalis (il palazzo del vescovo sorto al tempo di Costantino), gli scavi seguiti al terremoto del 1980 e le più recenti indagini effettuate in concomitanza dei lavori per la metropolitana hanno restituito un interessante spaccato della Neapolis tardoantica e bizantina.

Anche a Napoli la cristianizzazione ha rappresentato uno degli elementi più incisivi nel processo di trasformazione del tessuto urbano, con l’escavazione di catacombe a cui furono annesse basiliche cimiteriali, con la progettazione di un episcopio a metà strada tra le mura e il foro e con la fondazione di basiliche urbane.

Le prime tracce della Napoli cristiana risalgono al III secolo, quando furono redatte le pitture ispirate al trattato apocalittico noto come Pastore di Erma, in quella che diverrà la catacomba di San Gennaro a Capodimonte.

L’area nord-occidentale della città si configurò allora come spazio di sepoltura privilegiato dei cristiani. Nella zona dei Ponti Rossi si sviluppò la catacomba di Sant’Efebo, mentre nella Sanità furono scavati i cimiteri di San Severo e San Gaudioso, oggi profondamente alterati e in parte distrutti dalle più tarde basiliche.

In ambito urbano, invece, l’evoluzione di Neapolis fu marcata dalla predisposizione del palazzo episcopale voluto da Costantino (306-337).

La piena affermazione del cristianesimo si ebbe con l’episcopato di Severo (364-410). All’iniziativa di questo vescovo si deve appunto la basilica severiana (poi S. Giorgio Maggiore) presso l’ima plateia (la più bassa del tre strade principali che attraversavano la città), di cui si conserva l’abside traforata con deambulatorio, e, fuori le mura, la chiesa di San Severo presso le omonime catacombe.

Fu sempre il vescovo Severo a introdurre il cenobitismo in città, con la fondazione dei monasteri di San Potito e San Martino ai margini dello spazio urbano, nel rispetto della norma teodosiana che prescriveva il divieto di edificarli tra le mura.

La cristianizzazione di Napoli nel IV secolo avvenne, comunque, in un contesto di sostanziale tenuta del tessuto urbano, se – proprio in una lettera a Severo – Ambrogio di Milano poteva definirla «terra incantevole, regno della tranquillità perfetta». […]