Polesine: Etruria sconosciuta Veneto preromano

Archeologia Viva n. 11 – maggio/giugno 1990
pp. 18-25

Simonetta Bonomi, Raffaele Peretto e Luciano Salzani

Gli scavi di Le Balone presso Rovigo di cui “Archeologia Viva” anticipa i sorprendenti risultati hanno consentito di scoprire una presenza inedita nel territorio polesano

«E tutti questi rami finali nel Po sono tra loro collegati dalla fossa Flavia, che già gli Etruschi avevano aperto in questi luoghi, tagliando le correnti fluviali fino a raggiungere le lagune adriane dette anche i Sette Mari, dove si incontra il famoso porto di Adria, città etrusca, da cui prese il suo nome quel mare che oggi è detto Adriatico.

Vi sono poi foci ricche d’acqua chiamate Carbonaria, Fossiones e Philistrina, quest’ultima indicata anche con il nome Tartaro, a causa dell’apporto dell’Adige, che scende dalle Alpi Tridentine, e del Togisono…».

Così Plinio il Vecchio, il grande naturalista romano morto nel 79 d.C. durante l’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei e Ercolano, descrive nella sua opera Naturalis Historia la fascia costiera più settentrionale del delta padano, evidenziano la felice configurazione di un territorio che, prima ancora della romanizzazione, avvenuta a partire dal II sec. a.C., fu controllato e gestito da genti etrusche.

Qui, infatti, dalla seconda metà del VI agli inizi del V sec. a.C., a seguito del progressivo ridimensionamento del dominio etrusco sul mare Tirreno, gli interessi commerciali dell’Etruria si andarono spostando su percorsi interni, alla ricerca di nuovi sbocchi lungo l’Adriatico e di nuove rotte mercantili verso il mondo d’oltralpe.

Si determinarono, così, nella regione del delta padano e nell’immediato entroterra, rilevanti convergenze di interessi culturali ed economici fra Etruria interna, Etruria tirrenica, Grecia ed Europa Transalpina.

Ne derivò un vivace processo di riorganizzazione territoriale che vide la creazione di numerosi centri urbani e di una fitta rete di insediamenti minori lungo le principali vie di transito fluviali e terrestri, come possono ben dimostrare le realtà archeologiche di Adria e di Spina. […]