Archeologia Viva n. 11 – maggio/giugno 1990
di Piero Pruneti
I Crociati. Siamo abituati a considerarli oggetto quasi esclusivo della ricerca storiografica: personaggi e fatti da ricostruire sui documenti scritti. Ciò è in gran parte vero, come è vero che le testimonianze archeologiche acquistano sempre maggiore importanza quanto più ci si allontana nel tempo, per divenire totalizzanti quando le fonti scritte si rarefanno e scompaiono.
Ma per i Crociati, con tutta quella immensa produzione coeva di cronache, testi letterari e documenti politici che si riferiscono alle loro imprese, è proprio necessario scomodare l’archeologia?
Il quesito non è da poco, perché così com’è posto tende a coinvolgere una buona fetta dell’archeologia medievale, la cui accettazione come disciplina archeologica a pieno titolo è un fatto abbastanza recente.
È tuttavia una domanda che diversi lettori pongono da tempo ad Archeologia Viva e alla quale abbiamo voluto rispondere pubblicando i risultati della prima campagna di scavo condotta da una missione italiana sul castello di Wu’eira, una roccaforte del formidabile sistema di fortificazione messo in piedi dai Crociati nella valle di Petra, in Giordania.
Vediamo così l’archeologia fornirci documenti eccezionali su un tema che credevamo già sufficientemente rappresentato negli archivi. Migliaia di uomini vissero per circa un secolo in faccia al deserto, circondati da terre, popolazioni ed eserciti musulmani, affidando a fortezze inespugnabili la salvaguardia della propria vita di “legionari” insieme alla grande illusine della riconquista.
Come vissero, come si organizzarono quegli uomini in una situazione ambientale tanto diversa da quella della “dolce” Europa? Quali furono i disegni strategici di presidio che per alcuni decenni fecero sperare in una occupazione stabile della Terrasanta?
Ancora una volta i documenti scritti dell’epoca non ci bastano per capire e l’archeologia dei castelli crociati è in grado di raccontarci tante storie inedite.
I nostri lettori possono già leggersi i primi risultati di un’indagine che andrà avanti negli anni. Ne ringrazio i conduttori delle ricerche che volentieri hanno accettato l’ospitalità di queste pagine.
Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”