Ustica: una mostra in fondo al mare Futuro del passato

Archeologia Viva n. 13 – settembre/ottobre 1990
pp. 66-71

di Piero Pruneti

Sui fondali di Ustica si sperimenta un progetto di itinerario archeologico subacqueo

L’idea che vede direttamente impegnata “Archeologia Viva” va incontro agli insoluti problemi di tutela e valorizzazione dei beni archeologici sommersi

È un esperimento. Quindi speriamo che riesca: ad Ustica si sta giocando una carta importante, un modello di iniziativa per la valorizzazione dei beni archeologici subacquei.
L’idea è nata l’anno scorso durante lo stage condotto da Archeologia Viva (vedi AV n. 9) nell’ambito della Rassegna Internazionale delle Attività Subacquee organizzata ogni anno dall’Azienda Turismo di Palermo.

Furono allora individuati un’ancora romana, i pezzi di un’altra e qualche frammento di anfora. 
Che cosa farne? Recuperarli? Abbandonare tutto alla sorte dopo la segnalazione di rito alla Soprintendenza?

Il deposito archeologico di Ustica, diviso fra la settecentesca Torre S. Maria e l’abitazione dell’ispettore onorario – il parroco Padre Carmelo – dispone già di un discreto numero di ancore, accatastate e polverose come capita di vedere in tantissimi musei.

D’altronde vi immaginate che pazzia sarebbe s ci mettessimo in testa di recuperare e immagazzinare tutte le ancore lasciate dalle navi antiche sulle coste italiane: dati la quantità e il peso specifico di questo tipo di reperto (in pietra, piombo o ferro) si creerebbero problemi a dir poco grotteschi per il già disastroso stato dei nostri antiquaria.

Allora, dovevamo lasciare al loro semplice destino di preda questi reperti considerati ingombranti e usuali, lasciando ai ricercatori clandestini il compito di “scremare” – come ho sentito dire una volta da un soprintendente – l’enorme e insostenibile ricchezza archeologica dei nostri mari, nella passiva attesa che entri in testa a tutti la mentalità del rispetto del bene archeologico là dove si trova? […]