Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 179 – settembre/ottobre 2016

di Piero Pruneti

La lunga intervista a Daniele Vitali che pubblichiamo su questo numero è un richiamo alla lucidità dell’analisi storico-archeologica, a leggere il passato senza idealizzarlo o, peggio, strumentalizzarlo creando idoli di riferimento. Ne sappiamo qualcosa nel nostro Paese dove l’idea di Roma civilizzatrice diffusa dalla propaganda fascista ammorbò gli italiani per vent’anni giustificando fallimentari imprese tardocolonialiste e, alla fine, seppellendoci sotto un mare di rovine.

E poi, in tempi più recenti, l’esatto contrario: l’imperversare della retorica celtica per conferire a una fantomatica entità geopolitica, la Padania, un’identità antiromana, anche in questo caso con folle all’unisono in raduni dove si proclamava il mito della grandezza e della forza moralizzatrice dei Celti. Ora nessuno ne parla più, ma questa bufala dei Cisalpini moderni che, come redivivi Galli di Brenno, avrebbero spazzato via la Roma corrotta del presente è durata un altro ventennio di manipolazioni.

Il grande vantaggio della ricerca archeologica – ci ricorda Vitali – è quello di parlare attraverso documenti materiali (tipi di abitazione, modi di mangiare, di vestire, di produrre, corredi funerari, offerte alle divinità, strumenti di guerra, oggetti di scambio…) che non sono certo immuni dalla mistificazione ideologica, ma che ci offrono la possibilità, se lo vogliamo, di attenerci alle tracce che emergono dalla “scena del delitto”.

L’Europa sta vivendo ora la sua fase di reflusso, in cui si tende a rialzare le frontiere, a rispolverare i miti identitari (e l’egoismo) delle nazioni: paure e situazioni oniriche collettive nelle cui profondità tanto hanno ancora da scavare gli archeologi per riportare in luce quel prezioso strato comune dell’umanità dove le barriere fra i popoli – e gli stessi inni patriottici, che molto, chissà perché, ci commuovono durante le partite di calcio… – possono apparire per quello che sono: un vecchio fardello che non ci aiuta ad affrontare il futuro.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”