Archeologia Viva n. 14 – novembre/dicembre 1990
pp. 32-43
di Pietro Laureano
Una duplice sfida segna ormai la storia di questa stupenda città punico-romana:
quella intellettuale della regina Cleopatra Selene nel I secolo a.C. e quella odierna per salvarne le vestigia dalla “civiltà del cemento”
Cinquanta studenti e dodici docenti della Facoltà di Architettura di Firenze, insieme ai colleghi dell’Ecole Plythécnique d’Architecture et d’Urbanisme di Algeri, hanno effettuato uno stage residenziale a Tipasa, centro archeologico punico-romano sulla costa africana, per elaborare un progetto di protezione e salvaguardia e testimoniare come l’eredità archeologica e culturale sia un bene comune, affidato alla responsabilità di tutte le genti al di là dei confini di Stati e Nazioni.
«L’archeologia è la dimensione verticale, profonda; è scendere nelle viscere della terra, incontrare il passato nascosto, mentre l’urbanistica controlla la dimensione orizzontale, la crescita, la trasformazione progressiva delle cose. Quale dialogo, quale incontro è possibile?».
Giancarlo Paba della Facoltà di Architettura di Firenze così sintetizza nel suo intervento la problematica del convegno “Archeologia e urbanistica” con cui si apre nell’antica fortezza di Sidi Fredj questa nostra esperienza algerina.
Il quesito non è dei più semplici. Le esigenze della vita moderna sono spesso in aperto contrasto con la salvaguardia dei beni culturali e della memoria antica. Strati archeologici sconvolti dalle ruspe, antiche vestigia minacciate dalla crescita edilizia, luoghi e ambienti naturali deturpati dal cemento.
A questo ci ha abituato la logica dello sviluppo economico, scelta indiscutibile che giustifica ogni interventi distruttivo. […]