Due francesi a Vulci Luciano Bonaparte e Stephane Gsell

Archeologia Viva n. 14 – novembre/dicembre 1990
pp. 22-31

di Paola Pelagatti e Clementina Sforzini

Un “parente terribile” di Napoleone dalla vivace curiosità intellettuale ma oberato da problemi economici e un puntuale e tenace studioso alsaziano futuro pilastro dell’archeologia algerina

scavarono entrambi nel celebre sito etrusco il secolo scorso

Volendo riassumere con una schematica formuletta la storia della scoperta della “fortuna” degli Etruschi, possiamo dire che essa si situa, e quasi si identifica, nel Granducato di Toscana fino al XVIII secolo e poi nello Stato Pontificio del XIX secolo.

Alla Toscana spetta infatti il primato della ricoperta degli Etruschi nel ‘600, e per tutto il ‘700 essa è all’avanguardia nel processo di recupero del mondo etrusco.

Tra la fine del ‘700 e i primi dell’800 si assiste invece a un completo mutamento. In Toscana l’interesse per gli Etruschi rallenta stancamente, non alimentato da nuovi stimoli, mentre lo Stato Pontificio vive il fenomeno della “esplosione” dell’etruscheria (non ancora etruscologia), di cui diviene il protagonista.

Le prime casuali scoperte innescano quel meccanismo di interesse verso gli Etruschi già vissuto prima in Etruria settentrionale e danno l’avvio a ricerche e scavi su vasta scala, con risultati entusiasmanti. L’attenzione si sposta poi dall’Etruria settentrionale ai centri dell’Etruria meridionale, fino ad allora pressoché completamente ignorati, a parte il caso di Tarquinia.

Nel volgere di pochi anni rinascono Vulci, Tarquinia, Cerveteri, le cui necropoli sembrano inesauribili

Il primo quarto dell’800 vede il susseguirsi si scoperte clamorose, soprattutto a Tarquinia, con la pittura funeraria, e a Vulci, dove la ricchezza e la raffinata complessità della cultura etrusca sono rivelate dalle necropoli.

L’esplorazione delle necropoli vulcenti produce infatti risultati eccezionali: sculture in pietra, bronzi, oreficerie, ceramiche, e gli infiniti vasi dipinti della più bella epoca dell’arte greca, il cui successo immediato avrà grande risonanza.

Dominano il panorama delle ricerche alcune tra le figure più interessanti dell’epoca: dalla famiglia Campanari a Luciano Bonaparte principe di Canino – forse il personaggio più singolare fra quelli che hanno legato il proprio nome alla esplorazione di Vulci – da Alessandro François a Noel des Verges, con i quali a metà del secolo XIX si chiude la fase “pionieristica” degli scavi vulcenti, siglata dalla scoperta della Tomba François nel 1857. […]