Archeologia Viva n. 174 – novembre/dicembre 2015
pp. 58-63
di Andrea Ciacci e Cinzia Loi
Il vino, la bevanda mediterranea per eccellenza è oggetto di attente ricerche da parte degli studiosi che cercano di ricostruirne la storia
Si tratta di una storia dispersa in una lunga serie di secoli e in una grande quantità di varianti e tradizioni locali: ecco il caso delle indagini in corso nella Sardegna centrale sull’isola d’Ischia e nei territori dell’Etruria antica
La coltivazione della vite in Sardegna affonda le radici nell’età del Bronzo, nella bella età dei nuraghi, e si sviluppa nei secoli successivi attraverso l’incontro con altre civiltà, prime fra tutte la fenicio-punica e quella romana.
Ne sono una tangibile testimonianza i vinaccioli di vitis vinifera rinvenuti nei livelli base di una delle torri che costituiscono il complesso nuragico Duos Nuraghes (XV-XIV sec. a.C.) a Borore (Nu), nel cuore dell’isola.
Le ricerche di archeologia della vite e del vino in Sardegna, benché rimangano aperti numerosi interrogativi legati alle origini e alle modalità di domesticazione, si sono sviluppate in questi ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda le metodologie produttive.
I primi risultati delle indagini evidenziano una notevole quantità degli impianti vinicoli, i palmenti, e la loro complessità strutturale, principalmente nelle aree interne della parte centro-orientale dell’isola, tra le regioni storiche del Guilcer e del Barigadu. In questo territorio sta emergendo un quadro archeologico molto meno omogeneo di quanto si pensasse, dove si rintracciano radici culturali diverse e tradizioni di vita ben distinte.
Gli affioramenti rocciosi e i massi erratici che caratterizzano i luoghi hanno costituito la materia prima con cui l’uomo, fin dalla preistoria, ha realizzato monumenti di varia natura. […]