Archeologia Viva n. 174 – novembre/dicembre 2015
di Piero Pruneti
Le straordinarie immagini dei carichi di anfore nelle profondità marine di Panarea e quelle ricostruttive di Brescia nelle varie fasi della città, prima, durante e dopo la romanizzazione, ci danno la misura dei livelli raggiunti nelle tecniche d’indagine e nelle proposte di fruizione delle realtà archeologiche.
Nel caso di Panarea vediamo un archeologo, comodamente seduto all’interno della sfera trasparente di un minisommergibile, che a oltre cento metri sotto il mare esamina il carico di una nave romana giacente sul fondale come al momento del naufragio. L’attento esame oculare e i rilevamenti strumentali restituiranno una mole di dati che renderà superfluo un ipotizzabile costosissimo (e distruttivo) intervento di scavo.
Al tempo stesso quel meraviglioso fondale rimane intatto, a disposizione di eventuali approfondimenti d’indagini, e “visitabile” con i veicoli subacquei che nel futuro prossimo si renderanno disponibili.
La misura della strada percorsa ce la può dare il relitto della grande nave romana di Albenga, per il cui “scavo” – condotto negli scorsi anni Cinquanta sotto la direzione del professor Nino Lamboglia, considerato il padre dell’archeologia subacquea in Italia – fu addirittura impiegata una benna (sic!) azionata dalla nave appoggio.
Dal metodo di lavoro “alla cieca” di Albenga alla “rispettosa” indagine di Panarea sono passati sessant’anni e questa volta si vedono.
Il caso di Brescia riguarda le possibilità che le nuove tecnologie informatiche offrono alla lettura di un sito, riuscendo a coinvolgere quel novantanove per cento dei normali visitatori (mi ci metto anch’io) che, dopo aver percorso un’area archeologica, se ne va senza averci capito nulla.
Vi consiglio di andare a Brescia e visitare il museo, il tempio repubblicano e, all’esterno, la grandiosa area del Capitolium e del teatro romano con gli strumenti che vengono messi a disposizione insieme al biglietto: il risultato è una comprensione immediata e totale. Un vero, incredibile, fisico, salto nel passato.
Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”