Jerwan: decifrare un acquedotto assiro Vicino Oriente antico

Mesopotamia

Archeologia Viva n. 182 – marzo/aprile 2017
pp. 24-33

di Frederick Mario Fales e Roswitha Del Fabbro; a cura di Fondazione Giancarlo Ligabue

La mostra in corso a Venezia sulle origini della scrittura in Mesopotamia è l’occasione per mettere a fuoco le vicende di una straordinaria opera idraulica fatta realizzare da Sennacherib

dove l’analisi dei testi incisi in caratteri cuneiformi ci parla di una struttura che testimonia la grandezza e la fine dello stesso impero assiro

L’acquedotto in blocchi di calcare di Jerwan, nella piana di Navkur della regione di Dohuk, nel Kurdistan iracheno (Iraq settentrionale), costituisce ancora oggi uno dei monumenti più imponenti eretti dal re assiro Sennacherib (704-681 a.C.), come parte del suo vasto programma idraulico regionale destinato a rifornire la capitale Ninive e il suo entroterra.

Si tratta del più antico acquedotto storicamente noto. Esso era stato concepito per permettere alle acque del cosiddetto “canale di Sennacherib”, che aveva origine a Khinis sul fiume Gomel, di valicare una profonda fiumara (wadi) soggetta a piene impetuose.

Il canale, che imbrigliava le acque di diversi fiumi perenni e fiumare stagionali, lungo in totale circa 115 chilometri, manteneva una lieve ma costante pendenza in direzione sud/sudovest verso il bacino del Khosr (affluente del Tigri), e da qui verso sud fino a Ninive.

In particolare, era non solo previsto che la nuova capitale imperiale beneficiasse di acque di scorrimento e bacini di raccolta per il proprio rifornimento idrico e abbellimento urbanistico, ma altresì che i terreni circostanti usufruissero di irrigazione.

Infatti, come Sennacherib indica in una iscrizione ufficiale in caratteri cuneiformi, in precedenza i campi attorno a Ninive «erano caduti in disuso per la mancanza d’acqua ed erano coperti di ragnatele, mentre la gente, che ignorava l’irrigazione artificiale, girava gli occhi al cielo (pregando) per acquazzoni». […]