L’Efebo di Via dell’Abbondanza Arte classica

efebo via dell'abbondanza

Archeologia Viva n. 183 – maggio/giugno 2017
pp. 32-39

di Simona Rafanelli
Schede di Fiorenza Grasso e Luigia Melillo

Amedeo Maiuri lo definì il più grande capolavoro della statuaria in bronzo restituitoci da Pompei

Il suo prestito a Vetulonia da parte del Museo di Napoli dopo la trasferta al Getty Museum è l’occasione per mettere a fuoco questa grande opera della classicità conservataci dalle ceneri del Vesuvio

Quel lontano 25 maggio del 1925, trascorsi ormai molti anni dall’importante scoperta (1859) della statua bronzea dell’Apollo nella Casa del Citarista, proprio quando «poteva sembrare che il suolo della distrutta città […] non ci riserbasse più […] alcun’altra opera di vero pregio artistico», riemerge, dal cuore di una delle maggiori abitazioni di Pompei, aperta sulla Via dell’Abbondanza con ben tre ingressi, una straordinaria statua in bronzo di dimensioni di poco inferiori al vero, «degna di essere annoverata fra le più importanti scoperte della dissepolta città».

Cronista della clamorosa scoperta – impareggiabile nel tono di vibrante commozione con il quale registra l’evento – è l’archeologo Amedeo Maiuri, soprintendente alle Antichità di Napoli e del Mezzogiorno dal 1924 fino al 1961 e autore dell’impresa: «Negli ultimi giorni cedendosi al discoprimento di una delle case della zona dei nuovi scavi in Via dell’Abbondanza (Regione I, Insula VII, n. 10) nello sterro dell’atrio, presso il pilastro sinistro d’angolo del tablinum (nella casa romana l’ambiente principale, posto davanti all’atrio – ndr), veniva improvvisamente in luce la testa e la parte superiore del corpo di una statua bronzea che si rivelò subito quale opera d’incomparabile bellezza.

Rimosso tutt’intorno lo strato di lapillo e di cenere che l’aveva sepolta e fortunatamente preservata fra la rovina delle cadenti murature, un bellissimo Efebo emerse a grado a grado con la sua calda patina di bronzo dal grigio uniforme strato dei materiali eruttivi e parve all’attonita e commossa meraviglia degli astanti, quasi una divina apparizione, una bellezza viva e palpitante miracolosamente risorta dalla morta città». […]