Incontro con Mario Torelli La voce della storia

Incontro con Mario Torelli

Archeologia Viva n. 173 – settembre/ottobre 2015
pp. 78-80

Intervista di Giulia e Piero Pruneti

«L’ethnos etrusco si è formato in Italia anche se in origine non mancarono arrivi dall’Egeo nord-orientale»

«Il pantheon etrusco è pieno di antiche divinità latine»

«Nello scontro con Roma gli Etruschi furono penalizzati dalla loro stessa struttura sociale»

«Occorre sfatare qualche mito: la lingua etrusca non è poi così “misteriosa”»

È stato allievo di Ranuccio Bianchi Bandinelli e Massimo Pallottino, due giganti della ricerca archeologica nel secolo scorso, ma anche lui si è difeso bene. Tanto che di recente è stato insignito del Premio Balzan per l’Archeologia classica con la seguente motivazione:

«Per il carattere profondamente innovatore dei suoi studi in tutti i principali ambiti della cultura antica, da quello greco a quello etrusco a quello romano, per la grande rilevanza delle sue sperimentazioni metodologiche e delle sue scoperte archeologiche, per l’originalità della sua opera in cui convergono in una salda visione globale l’indagine storico-epigrafica, l’analisi iconologica, la valutazione storico-religiosa, la ricerca antropologica, sempre sostenute da una sensibile attenzione alle strutture economiche e sociali e agli aspetti ideologici e istituzionali delle culture antiche».

Una carriera lunghissima, a partire dagli scavi del santuario etrusco di Santa Marinella sulla costa laziale nei lontani 1964-66, poi del santuario etrusco di Porta Cerere a Veio e in quello greco di Gravisca, l’antico porto di Tarquinia, e ancora nel santuario extra-urbano di Afrodite a Paestum, in quello di Demetra a Heraclea presso Policoro in Basilicata…

Torelli, ha creduto, crede, nella divulgazione dei contenuti storico-archeologici: ricordiamo il suo impegno di curatore scientifico per il Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona, le mostre “Gli Etruschi” a Palazzo Grassi a Venezia nel 2000, “L’Iliade” al Colosseo nel 2006 e “Le metropoli etrusche del Lazio” al Palazzo delle Esposizioni a Roma nel 2008-2009. Alcuni titoli della sua abbondante produzione saggistica: Storia degli Etruschi (1982); L’arte degli Etruschi (1985); Storia dell’urbanistica: il mondo romano (1988); Il rango, il rito e l’immagine: alle origini della rappresentazione storica romana (1997); Dei e artigiani. Archeologia delle colonie greche d’Occidente (2011). Per trentacinque anni ha insegnato Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana all’Università di Perugia.

D: Una domanda che può sembrare provocatoria: da dove venivano gli Etruschi?

R: Fondamentalmente ci sono arrivate due tesi dal mondo antico, due, perché la tesi della provenienza dal Nord è frutto di una cattiva lettura di Tito Livio. La tesi dell’autoctonia ci è stata tramandata dal solo Dionigi di Alicarnasso, vissuto nel I sec. a.C., al tempo di Augusto, che dice di averla raccolta da un «maggiorente» (alla lettera un ‘pretore’) etrusco, le cui motivazioni erano essenzialmente politiche: nel I sec. a.C. si verificò una delle più colossali rapine di terra ai danni delle popolazioni italiche e definirsi autoctoni significava dire “quella terra è mia”.

L’altra voce li faceva venire dall’Oriente, la tradizione più antica e diffusa, a partire da quanto ci racconta nel suo famoso passo Erodoto, che nel V sec. a.C. scriveva degli Etruschi provenienti dall’Anatolia. Io sono partito da un’altra constatazione: il pantheon etrusco è pieno di divinità latine, una circostanza che ci obbliga a supporre che l’antico popolo delle terre che formeranno l’Etruria per un certo periodo riconobbe una certa superiorità ai protolatini, che noi riconosciamo già nel Bronzo finale, primo fra tutti gli ethne della Penisola nella cultura che si enuclea come “laziale”.

Dopodiché c’è stato un enorme balzo in avanti, conseguente al fatto che gli Etruschi erano in possesso di un grande know how metallurgico. Ciò permise loro di dotarsi di armi e strumenti di lavoro molto più efficaci e resistenti di quelli posseduti dagli altri popoli. Non è perciò un caso che nel IX sec. a.C. abbiano iniziato a colonizzare mezza Italia. […]