Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 173 – settembre/ottobre 2015

di Piero Pruneti

Una della massime voci del federalismo europeo, lo svizzero di origine jugoslava Dusan Sidjanski, scrive sulla nostra rivista per sostenere il rientro in patria dei Marmi del Partenone, la raccolta di sculture del massimo monumento dell’Ellade, smontate e trasferite in Inghilterra da Lord Elgin agli inizi dell’Ottocento, poco prima che la Grecia ottenesse l’indipendenza dalla Sublime Porta.

Per perorare la causa dei Marmi, Sidjanski è venuto anche a Firenze, a “tourismA 2015”, dove nell’ambito dell’XI Incontro Nazionale di Archeologia Viva ha tenuto un appassionato discorso insieme a Louis Godart. Uno dei principali argomenti di chi sostiene le ragioni della “non restituzione” – soprattutto nel Regno Unito, ma anche in altri Stati dell’UE, i cui principali musei in passato si sono alimentati di opere provenienti da Paesi all’epoca in regime di sudditanza – è che il rientro dei Marmi provocherebbe un’incontenibile reazione a catena di richieste simili. Io credo che la forza di un ragionamento – al pari di un sistema democratico di rapporti internazionali – risieda anche nella capacità di riconoscere il valore delle eccezioni, quello che in fisica si definisce “tolleranza”.

È la “tolleranza” dei componenti che impedisce a un sistema di spezzarsi quando va sotto sforzo. L’eccezione, nel caso dei Marmi del Partenone, è data dal fatto che si tratta di un complesso di opere “uniche” simbolo di un’intera civiltà e in particolare della nazione che le rivendica. Esattamente com’è stato per la Stele di Aksum, simbolo massimo del regno aksumita, trasferita in Italia durante la conquista fascista e restituita all’Etiopia nel 2005.

La forza delle democrazie risiede nel rispetto della dignità altrui (singole persone o Stati che siano), mentre i regimi autoritari questo rispetto lo chiamano “debolezza”… Che bel giorno sarebbe (sarà?) quello in cui la “grande” e democratica Inghilterra risponderà alle ragioni della “piccola” Grecia, che delle democrazie europee è stata la madre.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”