Archeologia Viva n. 172 – luglio/agosto 2015
pp. 28-39
di Maria Cristina Guidotti
Il capoluogo toscano ospita un Museo Egizio che in Italia è secondo solo a quello di Torino
In occasione del grande Congresso internazionale degli egittologi in programma proprio a Firenze l’attuale direttore ripercorre la complessa storia dell’istituzione dai primi interessi settecenteschi alla celebre Spedizione Franco-Toscana fino ai nuovi rapporti scientifici con l’Egitto dei tempi nostri
Il Museo Egizio di Firenze, secondo in Italia solo al famoso Museo Egizio di Torino, si trova all’interno del Museo Archeologico Nazionale. La sua storia risale già al Settecento, con le collezioni dei Granduchi di Toscana, all’epoca ancora conservate presso la Galleria degli Uffizi.
Il primo oggetto di cui si ha notizia, sicuramente arrivato prima del 1753, è la statua di Ptahmose, gran sacerdote di Ptah a Menfi durante il regno del faraone Amenofi III (1387-1350 a.C., XVIII din.); ma dopo le prime acquisizioni settecentesche, a incrementare il primo nucleo di reperti egizi contribuì in gran parte il granduca Leopoldo II di Lorena (1824-1859).
Questi, l’anno stesso in cui salì al trono, acquistò la collezione egizia di Giuseppe Nizzoli, cancelliere al Consolato d’Austria in Egitto, uno dei diplomatici europei nella terra del Nilo che già da tempo si dedicavano alla raccolta di antichità, per rivenderle ai propri governi (si costituirono così i grandi musei egizi d’Europa). L’oggetto forse più importante della collezione Nizzoli è il famoso calice in fayence azzurra a bocca quadrata (XIX-XX din.), di cui esistono al mondo solo due esemplari.
Interesse per l’Egitto dei granduchi di Toscana
Nel 1828 Leopoldo II finanziò, insieme a Carlo X di Francia, la famosa Spedizione Franco-Toscana in Egitto, diretta da Jean François Champollion, il decifratore dei geroglifici, e dal pisano Ippolito Rosellini; quindi, nel 1832, acquistò anche la collezione di reperti che il medico senese Alessandro Ricci, uno dei partecipanti alla Spedizione, aveva formato durante una precedente permanenza in Egitto fra il 1815 e il 1822: Ricci aveva avuto modo di farsi conoscere come eccellente disegnatore, caratteristica che gli permise di effettuare una serie di viaggi in tutto il Paese al seguito di diversi personaggi, diplomatici e avventurieri, che all’epoca cominciavano a documentare le antichità egiziane.
Durante questo periodo Alessandro Ricci raccolse, appunto, numerosi reperti che nel 1822 portò con sé in Italia, acquistati tramite venditori locali, com’era l’uso dell’epoca. La collezione, acquistata dal granduca Leopoldo II, andò a far parte del nucleo originale del Museo Egizio fiorentino, insieme a numerosi disegni dello stesso Ricci (che morì in miseria a Firenze nel 1834). […]