Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 172 – luglio/agosto 2015

di Piero Pruneti

Firenze, sede di un Museo Egizio che è secondo in Italia dopo quello di Torino e, al tempo stesso, uno dei più importanti del mondo, ospita alla fine di agosto l’undicesimo Congresso internazionale degli egittologi. In occasione di tale evento, che non è esagerato definire “storico”, con centinaia di esperti da ogni angolo del pianeta, Archeologia Viva dedica alla formidabile raccolta fiorentina uno speciale a cura del suo stesso direttore Maria Cristina Guidotti.

Scopriamo così che il Museo Egizio di Firenze ha una storia legata ai primi passi dell’egittologia “scientifica”, quella che già due secoli or sono non si esauriva in un semplice trasporto in Europa di cose egiziane, ma cercava di sottrarre una delle più grandi civiltà del passato all’alone d’ignoranza e mistero che l’avvolgeva da secoli.

Tant’è che una parte consistente delle collezioni del museo fiorentino arrivò dalla famosa Spedizione franco-toscana del 1828-29, svoltasi sotto la direzione di François Champollion in stretto rapporto operativo con Ippolito Rosellini dell’Ateneo pisano.

Suggerirei che il Congresso degli egittologi venisse dedicato proprio a questo lontano evento, che vide entrare nella storia della riscoperta dell’Egitto antico il Granducato di Toscana, uno degli stati europei più piccoli, ma anche meglio amministrati.

Il Granducato, sotto il regno del mite e intelligente Leopoldo II, seppe trovare, al pari della grande potenza francese, le risorse per un’operazione di ricerca scientifica che, per le conoscenze allora disponibili, non è esagerato definire di frontiera.

Teniamo presente che nei primi decenni dell’Ottocento una spedizione nella Terra del Nilo della durata di un anno e mezzo richiedeva uno sforzo organizzativo ed economico paragonabile a quello necessario oggi per mandare in orbita un astronauta. Questo significò – come attualmente si usa dire con un’espressione molto abusata – “investire in cultura”, con uno sforzo enorme (ed esemplare) per il piccolo stato preunitario che tanto può ancora farci riflettere.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”