Incontro con Franco Nicolis La voce della storia

Archeologia Viva n. 171 – maggio/giugno 2015
pp. 74-75

Intervista di Giulia e Piero Pruneti

«Nel centenario della Grande Guerra abbiamo restituito all’Europa la postazione visitabile più alta delle Alpi»

«Resti antichi o contemporanei di umanità: il nostro rispetto deve rimane invariato»

«La comunicazione del passato richiede l’incontro di linguaggi e semplificare non è sempre il metodo giusto»

Incontriamo Franco Nicolis nel suo studio dell’Ufficio beni archeologici della Provincia autonoma di Trento che lui dirige dal 2012. Nicolis è uno studioso del passato – in particolare di quello del Trentino – sempre con le mani sporche di terra: da bravo archeologo, crede nelle testimonianze materiali per ricostruire la memoria dell’Uomo, testimonianze che quasi sempre stanno, appunto, sotto il livello del suolo.

È un uomo che si è formato “sul campo” con decine e decine di scavi, sempre finalizzati a ricostruire la storia nelle forme più chiare e accessibili a tutti. Ripete sempre come un mantra: «Più si conosce il proprio territorio più sentiamo il bisogno di tutelarlo. L’archeologo è un manovale della storia e svolge una funzione strategica nella società».

Continua a occuparsi di archeologia preistorica, che è il suo interesse di fondo, ma da alcuni anni ha trovato elementi di riflessione interessandosi di “archeologia del contemporaneo” e attivando iniziative nell’ambito delle ricerche relative alla prima guerra mondiale, in particolare nei contesti della cosiddetta “guerra bianca”, quella svoltasi sulle Alpi a quote che spesso superano i 3500 metri e che in Trentino ha lasciato memorie e testimonianze profonde.

D: Nel centenario della prima guerra mondiale puoi presentarci il risultato delle indagini condotte dalla Soprintendenza di Trento a Punta Linke?

R: La Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento ha condotto indagini di tipo archeologico su diversi siti delle montagne del Trentino che furono interessati da quell’evento. In particolare ha preso avvio il progetto Punta Linke, sul ghiacciaio dell’Ortles-Cevedale, che prevedeva lo scavo di un contesto militare austroungarico relativo alla struttura di una teleferica risalente al 1917.

In collaborazione con il Museo “Pejo 1914-1918. La guerra sulla porta” dal 2009 al 2013 sono state condotte campagne di ricerca in alta quota (Punta Linke è a 3629 metri) per riportare in luce, documentare e restaurare tutte le testimonianze materiali conservatesi perfettamente nel ghiaccio, a partire dalla baracca che ospitava il motore della teleferica e dal tunnel scavato nella roccia e nel permafrost (terreno ghiacciato – ndr).

Nel 2014 abbiamo concluso l’allestimento, rendendo Punta Linke il più alto sito alpino visitabile relativo alla prima guerra mondiale. Oggi chi riesce ad arrivare (dal vicino rifugio Mantova al Vioz non è difficile), in compagnia di una guida alpina o di un volontario del Museo, può entrare in un luogo unico, compiendo un salto nel tempo da capogiro.

Tutti gli oggetti che abbiamo trovato sono stati riposizionati nel loro posto e la gente può toccare così la materialità della memoria. Tra i “reperti” che ci riportano indietro c’è anche l’odore: quello della carta catramata, degli strofinacci imbevuti di gasolio o sporchi di grasso, l’odore del legno…, gli stessi che percepivano i soldati quando stavano all’interno della baracca e della galleria. È il passato che ci viene addosso. […]