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Miniere perdute del Marocco: missione sull’Atlante

Archeologia Viva n. 170 – marzo/aprile 2015
pp. 68-73

di Lorenza-Ilia Manfredi, Chiara Cecalupo, Fiammetta Susanna

La catena dell’Atlante era nota nell’antichità per le sue vene di minerali metalliferi che vennero sfruttate fino al Medioevo e in qualche caso sono ancora attive

Si tratta di un mondo in gran parte scomparso su cui sta indagando una missione italiana

«Si narra che questo monte s’innalzi dal mezzo del deserto al cielo, aspro e arido nella parte che volge alle coste dell’Oceano cui ha dato il nome, ma ombreggiato da fitti boschi e irrigato da zampilli d’acqua sorgiva nella parte prospiciente l’Africa».

È la descrizione del «Fabulossimus Atlas» di Plinio (Naturalis Historia V, 6-8) a darci una prima idea di come sia vasto e mutevole il paesaggio dell’Atlante, catena montuosa (in berbero Adra n Dem ‘Il Monte dei Monti’) che si estende per 2500 chilometri tra Tunisia, Algeria, Marocco e che collega idealmente Mediterraneo e Atlantico (massima altezza in Marocco al Jebel Toubkal, 4.165 m), capace di affascinare l’immaginario fin dall’antichità per l’imponenza e il suo sviluppo fin oltre le Colonne d’Ercole.

Un mondo mitico e favoloso di alberi altissimi, venti, neve e rocce impervie, come scrive Silio Italico ancora nel I sec. d.C.: «La barba è bianca di gelo e una foresta di pini grava la fronte con le sue ombre smisurate. I venti devastano le cave tempie e torrenti spumeggianti precipitano dalla bocca spalancata, dove si addensano i nembi» (Guerre puniche I, 205-210).

L’interesse degli antichi è testimoniato fin dal V sec. a.C., quando Erodoto racconta delle spedizioni dei Cartaginesi che qui scambiano merci per oro.

Che la vera ricchezza dell’Atlante fossero i suoi metalli era stato compreso presto dai Punici, tanto da essere inserito, nel contesto di quella che è stata definita la “grande strategia cartaginese”, nelle rotte mercantili dell’Estremo Occidente.

Per questo popolo, le coste nordafricane costituivano uno spazio marittimo-economico “interno”, che come tale era occupato e presidiato. […]