Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 170 – marzo/aprile 2015

di Piero Pruneti

Nell’intervista che pubblichiamo Daniele Manacorda parla a un certo punto di “identità” e “alterità”. Un argomento attualissimo nell’epoca della globalizzazione, quando etnie e culture si incontrano e si mescolano in Europa come non avveniva dai tempi dell’impero romano. L’identità, dice Manacorda, dà senso di appartenenza, sicurezza e, quindi, capacità di rapportarci con l’esterno, con gli “altri”. Ma attenzione: inutile pensare alle nostre identità, di persone e di popoli, come a qualcosa d’immutabile. Semplicemente perché non è vero. Gli strati archeologici insegnano che le culture si trasformano in continuazione, all’interno di processi che possono essere pacifici o conflittuali, e mai rimangono le stesse. Proprio come avviene nel breve arco delle nostre esistenze, dove l’essere si trasforma ogni giorno che passa. Ed è l’archeologia, con la fisicità delle testimonianze che si accumulano negli strati sepolti, a fornirci l’immagine fotografica del rapporto costante e dialettico fra identità e alterità. I problemi nascono quando le identità diventano valori assoluti da imporre, feticci dove nascondere le paure, concetti mummificati, macigni pericolosi sui binari della storia. Accettare questa dinamica antropologica di base risparmierebbe all’umanità una bella dose di violenza.

Uno degli articoli più significativi di questo numero è dedicato a Eridu e al progetto di ricerca della Sapienza diretto da Franco D’Agostino. In una terra di confine fra aride steppe e intricati canali deltizi dove sfociano il Tigri e l’Eufrate si materializzò una delle invenzioni più importanti dell’uomo, il vivere insieme in agglomerati organizzati e strutturati che si chiameranno città. Sembra davvero incredibile, osservando le immagini attuali, che per diverse migliaia di anni l’area di Abu Shahrain sia stata la matrice della nostra civiltà. Per cui è davvero grande la responsabilità di chi ora vi conduce le indagini, onorandoci poi di pubblicarle sulla nostra rivista.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”