Champa e il cuore del Vietnam Sudest asiatico

Champa e il cuore del Vietnam

Archeologia Viva n. 169 – gennaio/febbraio 2015
pp. 40-53

di Elisabetta Susani

Viaggio nella civiltà che per secoli è stata l’anima di buona parte dei territori del Vietnam attuale

Dalla nascita di un piccolo regno agli inizi della nostra era alla sua straordinaria espansione sotto l’influsso della cultura indiana fino all’annessione al regno dei Viet che hanno dato il nome al Paese

A più di un secolo dai primi studi sistematici, l’origine della civiltà Champa, la più importante che abbia inciso la storia dei territori dell’attuale Vietnam, è ancora avvolta dal mistero.

Le sue vicende sono un vero rompicapo e sfuggono a un racconto unitario. Come in una narrazione epica, i colpi di scena abbondano; sorprendenti sono i paradossi culturali e artistici. Ciò rende avvincente la ricerca sul campo, tanto quanto la ricostruzione documentaria, ambiti in cui, negli ultimi vent’anni, gli studiosi italiani hanno profuso molte energie.

Tutte le testimonianze scritte rinvenute finora, ovvero testi cinesi, vietnamiti, arabi, occidentali, epigrafi e manoscritti in sanscrito, cinese e lingua Cham, concordano nell’attestarne lo sviluppo nel centro dell’attuale Vietnam, tra l’inizio dell’era cristiana e il 1832 (annessione al regno dei Viet).

I ricercatori hanno inoltre accertato che il cosiddetto regno Champa era una sorta di federazione di puras (principati organizzati intorno a centri urbani con differenti funzioni territoriali) che accorpavano numerose etnie: non solo i Cham, dunque, che vivevano lungo le coste del mare della Cina Meridionale, ma anche le numerose popolazioni degli altipiani interni, di origine austroasiatica, di lingua Mon-Khmer, come Ma, Hré, Xtieng, e di origine austropolinesiana, protoindocinesi di lingua malesepolinesiana, come Giarai, Churu, Ede, Raglai.

I resoconti dei viaggiatori, da Marco Polo in poi, e le antiche descrizioni di queste «contrade» tradiscono la «maraviglia» suscitata da un vero paradiso terrestre dal clima caldo tutto l’anno, ove nella notte «l’oro rosso delle miniere produce bagliori che assomigliano a quelli delle lucciole».

Ove «neuna altra cosa si vede in mare altro che pesci», le testuggini sono enormi e «le conchiglie servono da monete».

Ove i boschi profumano di essenze pregiate, come il legno d’ebano e d’aloe, il cardamomo e la canfora, e ospitano moltitudini di elefanti, rinoceronti, pavoni, pappagalli, assai ricercati per il loro piumaggio.

E ove, coi filamenti che «fanno i fiori del jibei», fini e bianchi «quanto la lanugine dell’oca», si filano bellissime stoffe che possono essere tinte di tutti i colori.

Elementi tutti che evidentemente concorsero a fare di questo regno un ambito territorio di conquista per Cinesi, Viet, Khmer. […]