Cucire o assemblare? Questo era l’antico problema… Archeologia navale

Archeologia navale di Francesco Tiboni

Archeologia Viva n. 190 – luglio/agosto 2018
p. 75

di Francesco Tiboni

Le navi più antiche che solcarono il Mediterraneo per molti secoli furono realizzate da maestri d’ascia espertissimi che risolsero brillantemente il problema della tenuta degli scafi in mare aperto

Nell’era della vetroresina e dei polimeri ipertecnologici, l’idea che, in passato, l’utilizzo di semplici chiodi per fissare le tavole di legno sia stato percepito come una soluzione avveniristica può sembrare un controsenso.

Eppure, maestri d’ascia e costruttori di barche realizzarono scafi in legno perfettamente funzionali senza ricorrere ad altro che a elementi vegetali, come legno e fibre intrecciate. E, tuttavia, l’estrema semplicità di queste materie prime non deve far pensare a barche dalla forma primitiva o troppo fragili.

Le navi dei faraoni, che poi venivano deposte nelle loro tombe grandiose, la flotta con cui Minosse fece di Creta una delle prime potenze marittime, i mercantili che dal Levante portarono nel Mediterraneo centro-occidentale il bronzo cipriota, così come le navi degli Achei di cui narra Omero… erano tutti scafi realizzati senza l’impiego di chiodi.

Ancora in età romana imperiale, nonostante all’epoca i chiodi fossero ormai ampiamente in uso, la vera tenuta strutturale degli scafi era garantita dalle connessioni lignee, dalle fibre vegetali e da incastri talvolta così complessi da meritarsi addirittura nomi come “dardo di Giove”. […]