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L’enigma di Ponte Milvio…

Archeologi a lavoro nell'area di scavo a Ponte Milvio

19 luglio 2018


L’enigma di Ponte Milvio: un luogo di culto cristiano?

Roma restituisce un altro squarcio prezioso del suo passato archeologico, una stratigrafia che dal I arriva al IV secolo dopo Cristo, nella suggestiva cornice del fiume Tevere, lungo via Capoprati in prossimità di Ponte Milvio

Le strutture antiche sono cominciate a venire alla luce nell’autunno scorso durante gli scavi di archeologia preventiva della Soprintendenza Speciale di Roma per i lavori di Areti sui sottoservizi della rete elettrica Acea.


Due panoramiche dell’area di scavo

Diretto da Marina Piranomonte, lo scavo, interrotto per ragioni climatiche durante l’inverno e ripreso un mese fa anche grazie a un finanziamento della Soprintendenza, ha rivelato costruzioni del I-II secolo d.C., probabilmente a uso commerciale vista la presenza del fiume.
Sopra queste, tra III e IV secolo, è stato edificato un complesso che si caratterizza per le ricche decorazioni marmoree e per la presenza di sepolture.



Due immagini dell’Ambiente L

I quattro ambienti che formano questo complesso e la vicina area sepolcrale si sono rivelati di difficile interpretazione, un vero enigma archeologico sulle rive del Tevere a pochi passi da Ponte Milvio e dal tracciato delle antiche via Cassia e Flaminia, che proprio li si biforcavano.
Tra le ipotesi al vaglio della Soprintendenza Speciale di Roma è che si possa trattare di una villa ricca villa suburbana oppure di un luogo di culto cristiano, con annessi mausolei.


Un’altra immagine dello scavo, effettuato in collaborazione con Cooperativa Archeologia.

Solo le prossime analisi sui materiali di scavo e le ricerche sulle fonti d’archivio potranno confermarci questa ipotesi.
Ancora una volta Roma si dimostra un territorio archeologico tra i più ricchi, pronto a rivelarci un passato sorprendente, con scoperte di eccezionale valore storico e archeologico, in questo caso rese possibili grazie alla collaborazione tra Areti-Acea e la Soprintendenza Speciale di Roma.


La stratigrafia di via Capoprati

Lo scavo di via Capoprati, situato sulla riva destra del Tevere a pochi passi da Ponte Milvio, rappresenta un’eloquente testimonianza (semmai ce ne fosse ancora bisogno) della ricchezza e complessità archeologica custodita nel sottosuolo cittadino, un tutt’uno dall’antico centro urbano alla fascia esterna alle Mura Aureliane.
Il contesto topografico del ritrovamento è di estremo interesse e si rivela anche un importante fattore per la decodifica di questo straordinario palinsesto insediativo. Siamo infatti lungo un’importante arteria fluviale rappresentata dal Tevere e in prossimità del percorso dell’antica via Flaminia.



Due immagini dell’Ambiente B

LO SCAVO
Lo scavo ha messo in luce una complessa stratigrafia dove è possibile identificare con chiarezza almeno due fasi. Le costruzioni della fase più antica risalgono alla piena età imperiale (tra I e II secolo dopo Cristo) e appartengono verosimilmente a un più ampio edificio con funzione commerciale (probabilmente un magazzino) o comunque connesso alla presenza del fiume e della via Flaminia e al loro uso.


L’Ambiente D

Si tratta di murature in opera mista (reticolato e laterizi), a cui si affiancano successivamente strutture di notevole ampiezza interamente realizzate con cortina
laterizia. La presenza di scale è indizio del probabile sviluppo in elevato a più piani degli edifici. Infrastrutture simili sono state rinvenute in passato su ambo le sponde del fiume in zone vicine a questo ritrovamento.

Nella seconda fase un simile scenario subisce una radicale trasformazione architettonica: tra III e IV secolo dopo Cristo le strutture più antiche secolo vengono rasate e sopra di esse sono edificate le murature in opera vittata (alternanza di ricorsi di laterizi e tufelli) e gli straordinari pavimenti in opus sectile. L’impianto planimetrico si compone di parte di un’aula absidata affiancata su un lato da una stanza rettangolare. Due ambienti impreziositi da una straordinaria e lussuosa decorazione marmorea, sia sui pavimenti che sulle pareti, di cui rimangono cospicue testimonianze.


Un particolare dell’Ambiente E

Sul lato sud-ovest di questi due ambienti e in stretta relazione con lo spazio absidato, si collocano due costruzioni circolari costruite anch’esse in opera vittata, di cui una è la metà dell’altra.
Grazie all’allargamento dello scavo, voluto e finanziato dalla Soprintendenza, è anche venuto alla luce un più esteso nucleo cimiteriale (in un’area di meno di circa 5 metri quadri si contano tre o quattro tombe) caratterizzato da sepolture di differente tipologia architettonica (alla cappuccina, entro anfore africane tardo antiche e a cupa), creato all’esterno della struttura circolare più grande e cronologicamente coevo alle strutture in opera vittata.

L’INTERPRETAZIONE
Le strutture emerse a via Capoprati non sono di facile interpretazione. Va infatti tenuto in considerazione che forma e dimensioni di uno scavo possono pesantemente condizionare la lettura e la comprensione di quanto rinvenuto. Se ci si fosse limitati a una trincea molto stretta, sufficiente al semplice “cavo elettrico” realizzato per la posa in opera dell’alta tensione da parte di Areti – Acea (che ringraziamo per tutta la collaborazione e assistenza data), il racconto che ne sarebbe scaturito avrebbe avuto tutt’altro esito, non consentendo di cogliere appieno la natura delle diverse costruzioni qui conservate.


L’Ambiente F

Inizialmente si era ipotizzato di essere di fronte a una ricca villa suburbana di epoca tardo antica. Solo grazie all’allargamento dello scavo si è cominciata a profilare la possibilità che il complesso potesse avere una diversa funzione. La presenza di sepolture, poco compatibile con una abitazione, rimanderebbe invece a un edificio di tipo cultuale, verosimilmente cristiano considerata anche l’epoca delle strutture e la cui esatta denominazione va ancora compiutamente definita.

Suggestivo sarebbe comunque pensare, vista la planimetria, a una piccola basilica con annessi due mausolei e un cimitero subdiale; anche se per la costruzione circolare più piccola non si può escludere una differente destinazione d’uso, forse un piccolo battistero vista la presenza in fondazione di un sistema per lo smaltimento dell’acqua.



Due immagini dell’Ambiente H

L’ipotesi che gli edifici tardo antichi venuti alla luce a via Capoprati possano essere un luogo di culto cristiano sarà approfondita e verificata nei prossimi mesi dai tecnici della Soprintendenza, attraverso l’analisi dei reperti trovati durante lo scavo e con accurate ricerche d’archivio sulle fonti.
Ma la storia non finisce qui, come spesso avviene infatti gli antichi monumenti divengono nel corso del tempo vere e proprie cave di materiale a cielo aperto e fatti oggetto di rioccupazioni più o meno stabili. Un simile destino ha avuto anche il complesso di via Capoprati come testimoniato non solo dalla spoliazione degli arredi marmorei ma anche dalla creazione, al di sopra del cimitero, di piccole fornaci e dalla rioccupazione della struttura circolare più grande tramite l’allestimento di un pavimento realizzato con materiali di reimpiego.

Fotografie di Romano D’agostini e Giorgio Cargnel