Oro della Nubia: quella crudele corsa infinita Una storia di duemila anni

Berenice. Oro della Nubia: quella crudele corsa infinita

Archeologia Viva n. 163 – gennaio/febbraio 2014
pp. 40-53

di Alfredo e Angelo Castiglioni;
reportage di Massimo De Benetti, Marco Grassini e Paolo Nannini

In Sudan gli storici siti minerari del deserto orientale nubiano sono sconvolti da una corsa all’oro senza precedenti che sta trasformando in campi arati anche le aree più propriamente archeologiche come il wadi el-Allaki con le rovine della mitica Berenice Pancrisia individuate dai Fratelli Castiglioni

In questo articolo i due protagonisti della riscoperta archeologica delle antiche miniere nubiane ripercorrono la storia delle loro ricerche per lanciare l’allarme contro una distruzione che ora sembra davvero inarrestabile

Nel 642 gli arabi di Amrou-ibn el-As conquistarono la valle del Nilo, da Alessandria fino ad Assuan. Ma i Beja, nomadi del deserto nubiano, anche quando l’Egitto fu tutto musulmano, continuarono a depredare gli opulenti villaggi sul fiume, come avevano sempre fatto da secoli.

Per arginare le scorrerie i governatori arabi stipularono coi Beja dei baqt (dal tardo latino pactum), che non furono mai rispettati.

Fu durante le spedizioni punitive condotte tra l’820 e l’830, a seguito di razzie sanguinose, che gli arabi scoprirono le antiche miniere d’oro del deserto.

Si scatenò, allora, una vera e propria corsa all’oro, la prima di cui si ha notizia. A quell’epoca, le antiche miniere che avevano prodotto l’oro per i faraoni e per i loro successori della dinastia tolemaica, erano da tempo abbandonate.

Le rovine dei villaggi di minatori, i pozzi e le gallerie, stimolarono la sete di ricchezza dei soldati. La notizia della scoperta dilagò come un fiume in piena e migliaia di arabi si avventurarono tra le sabbie e le montagne del deserto inseguendo un sogno dorato.

Tra le miniere ritrovate, quelle del wadi el-Allaki erano certamente le più importanti. È sufficiente leggere quello che, alla fine del IX secolo, scrisse lo storico arabo al-Yaqubi: «Il wadi el-Allaki è come un’immensa città, molto popolata da arabi e non arabi, tutti cercatori d’oro […]. Gli abitanti hanno al loro servizio schiavi neri che lavorano nello sfruttamento di queste miniere. Le pepite d’oro […] vengono messe in barre». […]