Gli Egizi e il cielo Obietti su...

Archeologia Viva n. 230 – marzo/aprile 2025
pp. 66-71

di Lorenzo Guardiano

L’osservazione “scientifica” delle stelle e dei pianeti risale ai primordi della civiltà egizia con uno sviluppo delle conoscenze e delle rappresentazioni che arriva agli spettacolari soffitti astronomici nelle tombe e nei templi dei faraoni

In Egitto, come nelle altre grandi civiltà del mondo antico, l’osservazione celeste era fondamentale per misurare il tempo e scandire le attività agricole e religiose. Gli Egizi utilizzavano due calendari: uno più antico, basato sulle fasi lunari, che serviva soprattutto a individuare le festività sacre, e uno più moderno, che suddivideva l’anno in tre stagioni, ognuna costituita da quattro mesi di trenta giorni.

Al termine dei dodici mesi vi erano cinque giorni, detti heru renpet, ‘quelli che sono fuori dall’anno’/‘oltre l’anno’ (oggi gli egittologi li chiamano, secondo la denominazione greca, “epagomeni”, ossia ‘aggiunti’), che consentivano di arrivare a 365. Vi era anche uno strumento, il merkhet, simile a un astrolabio, per calcolare il moto degli astri.

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