Con i lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 231 – maggio/giugno 2025
di Piero Pruneti

La Via Appia è entrata a far parte del patrimonio dell’Umanità protetto dall’Unesco. Del valore di questo monumento rende conto l’articolo di Angela Maria Ferroni, la persona che maggiormente ha lavorato per il raggiungimento di questo obiettivo. Chi non c’è dentro non può immaginare la complessa documentazione che l’Unesco richiede per concedere il proprio riconoscimento a un sito per cui se ne faccia richiesta.

Ora conosciamo tutto il valore storico, monumentale e ambientale dell’Appia, di cui in dettaglio è stato ricostruito il percorso anche dove le testimonianze erano state obliterate da insediamenti, lavori agricoli o dalla semplice stratificazione del tempo. Per i Romani era la “regina viarum”.

Duemila anni dopo l’Appia può diventare la “regina dei cammini”, offrendosi con tutte le sue ricchezze a una richiesta dell’“andare a piedi” che – pur in una dimensione del mercato dove la “civiltà dell’auto” insiste a voler occupare l’immaginario collettivo – si sta affermando in misura esponenziale in tutte le fasce di età. Tutti abbiamo sotto gli occhi il successo del Cammino di Santiago – “riscoperto” da poco più di cinquant’anni dopo secoli di oblio successivi alla straordinaria “fortuna” medievale – oggi di nuovo percorso da centinaia di migliaia di persone, richiamate dalla sua eco storica e dalla possibilità di vivere un’esperienza culturale e umana che lascia il segno.

Paragonabile è la nostra Via Francigena, comunque meno frequentata (e molto meno attrezzata). Si può solo immaginare il posto che potrà essere occupato dalla Via Appia nel contesto del “turismo lento”, con tutto il prestigio storico che si porta dietro e l’ineguagliabile varietà di paesaggi e siti monumentali di ogni epoca che è capace di offrire lungo i suoi oltre cinquecento chilometri di percorso. Un vero spaccato dell’Italia antica e contemporanea. Per il centro-sud un’occasione storica da non perdere.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”