Archeologia Viva n. 233 – settembre/ottobre 2025
pp. 52-62
di Flavio Altamura, Ivana Fiore, Margherita Mussi, Mauro Rubini e Paola Zaio
a cura di Mauro Rubini
Il sito mesolitico di Riparo Blanc ha restituito testimonianze straordinarie del comportamento e delle attività dell’uomo preistorico facendo luce sulle usanze funerarie degli ultimi cacciatori-raccoglitori che ricorrevano anche alla manipolazione dei corpi per pratiche rituali o di cannibalismo
Era quasi buio… il silenzio! L’autunno inoltrato annunciava l’inverno, la selvaggina scarseggiava, il mare era già troppo freddo per cercarvi qualcosa da mangiare. Nel piccolo accampamento sulla costa i bambini piangevano e gli adulti potevano solo accendere un fuoco. I tempi delle grandi raccolte di molluschi erano finiti, così come la grande caccia.
Una fanciulla era morta di stenti e giaceva lì, davanti al mare che si andava oscurando con il calare delle tenebre. Sopravvivere? Come? Il cacciatore prese la sua lama di pietra e cominciò a togliere i pezzi di carne che l’esperienza di macellazione delle prede animali gli aveva insegnato come più nutrienti e facilmente masticabili: i muscoli…
In questa ricostruzione di fantasia abbiamo soltanto messo “in scena” una delle spiegazioni che si è cercato di dare ai ritrovamenti avvenuti nel Lazio sul litorale di San Felice Circeo, riferibili a un importante periodo della nostra storia evolutiva, il Mesolitico, che vide protagonisti gli ultimi cacciatori/raccoglitori europei, prima dello sviluppo di comunità agricole anche nel nostro continente.