Archeologia Viva n. 233 – settembre/ottobre 2025
pp. 26-38
di Stefania Zini, Nikita Khokhlov e Giovanni Spalla
Un progetto di ricerca che vede collaborare studiosi russi e italiani mette in luce due secoli di presenza commerciale di Genova nel quadro di un difficile equilibrio fra bizantini e ottomani e le mire espansionistiche di Venezia
Fu un’impresa coloniale strategica in seguito alla conquista araba del Levante di cui rimangono notevoli testimonianze monumentali
Mediterraneo, Europa, Mar Nero, Mare d’Azov: Italia Nostra ha dato il via a un ambizioso progetto interdisciplinare: “EIRENE – Le fortificazioni genovesi nel mondo”. Gli obiettivi sono molteplici: un censimento dei siti genovesi fortificati, un piano paesaggistico territoriale integrato, un Museo europeo della Civiltà genovese.
E poi l’obiettivo più ambizioso: l’inserimento delle fortificazioni genovesi nella World Heritage List dell’Unesco, come beni culturali seriali transnazionali, separati nello spazio ma tipologicamente interconnessi. In questo quadro d’insieme, un gruppo di studiosi italiani e russi ha in corso un’indagine sulle fortificazioni genovesi della Crimea e nelle regioni costiere del sud della Russia. In quest’area le testimonianze liguri sono innumerevoli.
Ricordiamo subito la fortificazione di Sudak (un tempo Soldaja), le torri della famosa fortezza di Chembalo a Balaklava, le rovine dell’antica Caffa (oggi Feodosia). Sempre lungo le coste del Mar Nero e del Mare d’Azov e nell’entroterra fino al Caspio vi sono poi i resti di decine di insediamenti e forti. Sono siti poco studiati o addirittura dimenticati, talvolta inglobati nelle case o ricoperti dalla vegetazione.