Archeologia Viva n. 234 – novembre/dicembre 2025
pp. 30-39
di Carlo Ebanista
Questa piccola città della Campania conserva un patrimonio monumentale straordinario legato alla diffusione del primo cristianesimo con una serie di luoghi di culto che nel tempo si sono sovrapposti e integrati a partire da una necropoli pagana alle porte di Nola
Tra II e III sec. d.C., nel suburbio nord della città di Nola – suburbio che oggi si trova nel territorio del vicinissimo comune di Cimitile – tra le maglie della centuriazione* romana nella pianura a nord-est di Napoli, si sviluppò una necropoli, forse in funzione di una villa rustica della zona, costituita da mausolei con tombe terragne e arcosoli nonché da sepolture all’aperto.
In una di queste ultime, alla fine del III secolo, fu seppellito il sacerdote Felice, morto il 14 gennaio di un anno che non conosciamo. Felice era stato un prestigioso esponente della comunità cristiana di Nola e aveva amministrato la chiesa locale per l’assenza forzata del vescovo Massimo (san Massimo di Nola) durante le persecuzioni dell’imperatore Decio (249-251), rinunciando tuttavia a succedergli nella carica.
Nei primi anni del IV secolo, a seguito dell’Editto di Milano (313) con cui Costantino concesse libertà di culto, la tomba di Felice, nel frattempo venerato come santo, e le due adiacenti, forse dei vescovi nolani Massimo e Quinto, furono racchiuse all’interno di un piccolo mausoleo, cui si accedeva dalla strada che giungeva da Nola.
Sul sepolcro di Felice fu sistemata una lastra con l’immagine del Buon pastore e due fori collegati a un vaso sottostante, funzionali alla creazione di reliquie “per contatto”: i fedeli – secondo l’usanza descritta da Paolino di Nola (del quale parleremo a breve) – vi versavano essenze profumate assorbite poi con striscioline di stoffa, che in questo modo, a contatto con la tomba, si santificavano.
