Il sorriso di Isabella Scienze per l'archeologia

Archeologia Viva n. 16 – febbraio 1991
pp. 64-68

di Francesco d’Errico e Giuliano Villa

Una recente analisi paleopatologica effettuata sui denti di Isabella d’Aragona moglie dello sfortunato Gian Galeazzo Sforza ha rivelato la presenza di una patina di mercurio e dei tentativi fatti per eliminare i danni estetici

Forse la nobildonna voleva nascondere una malattia inconfessabile…

Le alte volte affrescate dei saloni della reggia di Pavia risuonavano dei passi della Dama in lutto. Dopo la morte del giovane sposo Gian Galeazzo, avvenuta in circostanze oscure, che avevano visto coinvolto lo zio Ludovico il Moro, la già opprimente esistenza alla Corte degli Sforza era divenuto insopportabile.

La lontananza dalla famiglia, le umiliazioni e le angherie subite fin dal giorno del sontuoso matrimonio di stato, le continue chiacchiere del popolino a causa dei ben noti insuccessi di letto del “Duchino” e la condizione quasi ancillare nei confronti di Beatrice d’Este, sposa del Moro e usurpatrice, di fatto, del titolo di Granduchessa di Milano, avevano profondamente segnato anche l’aspetto fisico della dama.

«Magra, disfatta, portava addosso un saio che pareva una cappa da frate, fatta di un panno da quattro soldi al braccio…». Così la descriveva uno dei rari visitatori ammessi al suo cospetto. Non con queste tinte, invece, la raffigurano i ritratti di qualche anno prima: “la Dama in rosso” attribuita a un allievo di Leonardo, Boltraffio, rende merito alla giovanile bellezza della dama.

Potrebbe essere un buono spunto per un feuilleton, ma la scienza guarda ai fatti umani con lo sguardo filtrato dalla ricerca dell’oggettività. I resti scheletrici di Isabella d’Aragona conservano le tracce della sua esistenza infelice.

Un recente studio paleopatologico della famiglia degli Aragonesi, condotto da Gino Fornaciari dell’Istituto di Anatomia Paleopatologica dell’Università di Pisa, aveva segnalato sulla dentatura di Isabella d’Aragona alcune usure insolite attribuibili ad abrasioni volontarie.

Da queste osservazioni ha preso spunto la nostra ricerca, con lo scopo di descrivere, attraverso l’esame microscopico, le superfici dentarie abrase di questa nobildonna per cercare di giungere all’identificazione dell’agente abrasivo e alla meccanica della sua azione.

Inoltre, poiché le zone risparmiate dall’usura appaioni ricoperta da una patina nerastra, uno dei motivi dello studio è stato chiarire la natura di tale patina e di scoprire un eventuale nesso con l’abrasione artificiale dello smalto.

Lo studio microscopico delle superfici dentarie ci ha permesso di ricostruire in dettaglio le modalità con cui queste abrasioni artificiali sono state prodotte. L’uso protratto di limette di osso di seppia o di pietra pomice si è rivelato essere la causa della produzione di profonde abrasioni dello smalto, particolarmente marcate sui denti anteriori di Isabella.

La diffusione nel mondo del Rinascimento di pratiche di igiene e cosmesi dentaria emerge d’altra parte dall’esame della documentazione storica sulle abitudini di vita nel XV e XVI secolo. Nell’Italia del Cinquecento i “netezadori” erano, nella parlata milanese dell’epoca, una sorta di spazzolini da denti.

L’uso di questi strumenti, associati a polveri dentifricie di composizione quanto mai varia e fantasiosa, permetteva alle dame del Rinascimento la cura igienica ed estetica dei denti. Le dame della nobiltà europea del ‘500 inventavano loro stesse e sperimentavano ricette e strumenti per l’igiene e la cosmesi dentaria.

Un caso emblematico è quello della raccolta di ricette di cosmesi e delle paste dentifricie elaborate da Caterina Sforza e da lei stessa raccolte in un libro; nel corso della sua vita questa nobildonna inventò e sperimentò decine di paste abrasive dentarie. In esse troviamo gli ingredienti più vari: pomice, osso di seppia, corallo, carbone di legna, marmo, salgemma, salnitro, cheratina, sali o limatura d’argento, ecc.

Beatrice d’Este, avversaria politica e usurpatrice del potere di Isabella d’Aragona, era anch’essa esperta nell’ideazione di ricette di cosmetici di cui faceva omaggio a parenti e amici: conservava il segreto di un’acqua per la pulizia dei dentti la cui ricetta aveva avuto dalle nobildonne aragonesi di Napoli, ambiente a cui Isabella d’Aragona apparteneva. […]